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La tutela del contribuente nella riscossione dei crediti tributari nell’esperienza giuridica europea



Raffaella Pia Vaira ha conseguito in data 19.12.2023 la laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza presso l’Università “UnitelmaSapienza” di Roma. Dal 2015 al 2023 ha collaborato con diversi studi legali di Roma. Attualmente svolge nel foro di Roma la pratica forense, partecipando alle udienze e alla redazione di atti e pareri giuridici dello studio legale di riferimento, e collabora anche con studi commerciali per ciò che attiene le diverse attività giuridico-amministrative relative al settore tributario, quali ricerche dottrinali e giurisprudenziali, bozze di pareri, note a sentenza e redazione di atti giuridico-amministrativi. Obiettivo cardine del suo lavoro e dei suoi interessi è quello di contribuire, con il suo supporto personale e professionale, alla conoscenza del mondo giuridico con particolare riferimento alla materia tributaria, al fine di diffondere in modo più approfondito e generalizzato alcuni aspetti di questo settore estremamente importante per la vita di ogni consociato, ma ancora così tanto poco conosciuto, in particolar modo proprio per ciò che riguarda i diritti dei singoli contribuenti in materia.

LA TUTELA DEL CONTRIBUENTE NELLA RISCOSSIONE DEI CREDITI TRIBUTARI NELL’ESPERIENZA GIURIDICA EUROPEA
Nel corso delle tappe fondamentali che hanno segnato il processo di integrazione europea, cominciato più di settant’anni fa, la materia tributaria ha acquisito una sempre maggiore importanza nel panorama giuridico europeo, così che la tutela dei diritti in materia fiscale ha finito con l’assumere dimensioni tali da estendersi dall’ambito nazionale a quello europeo ed internazionale.
In ambito nazionale, i diritti e le libertà fondamentali dei cittadini/contribuenti si riscontrano essenzialmente nei principi sanciti nella nostra Carta Costituzionale, nonché nelle norme contenute nello Statuto dei diritti del contribuente.
A livello sovranazionale, invece, estrema importanza assume la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché il progetto di Codice Europeo del Contribuente.
Con riguardo al panorama internazionale, i diritti e le garanzie attribuite ai cittadini/contribuenti sono contenuti nella Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (CEDU) del 1950.
Per ciò che attiene le procedure di riscossione transnazionale dei tributi, sulla base del principio di territorialità per cui un determinato Stato può esercitare la sua potestà impositiva solo all’interno dei propri confini, i vari Stati hanno sentito l’esigenza di instaurare forme di collaborazione reciproca, le quali si esplicano nello scambio di informazioni tributarie tra le Amministrazioni finanziarie, nonché nella cd. “mutua assistenza nella riscossione”, finalizzata proprio al recupero coattivo dei crediti tributari di un determinato Stato all’estero. In tali forme di cooperazione fiscale tra gli Stati la tutela dei diritti dei contribuenti risulta essere, però, carente, considerato che la stessa si realizza solo in maniera indiretta tramite il rinvio ai principi dettati dal diritto interno di riferimento.
Diverse forme di tutela dei diritti del contribuente sono poste, poi, dall’ordinamento giuridico europeo a garanzia della corretta applicazione del diritto europeo negli ordinamenti nazionali, tra cui assume particolare rilievo l’azione di inadempimento (cd. “procedura di infrazione”). Sull’argomento, è interessante svolgere anche un confronto comparativo tra quelli che sono i diversi sistemi di riscossione dei tributi e le diverse forme di tutela del contribuente presenti in Italia, che adotta un sistema cd. “duale”, e in altri Paesi dell’Unione europea, quali ad esempio: Francia, Spagna e Germania, ove viene adottato un sistema di riscossione cd. “di gestione diretta”.
Recenti riflessioni dottrinali si sono soffermate, poi, su quelle che sono le prospettive future dell’Unione europea in ambito fiscale, in relazione sia ad un possibile approdo ad un sistema federale, sia alla realizzazione di un sistema di risorse proprie dell’Unione europea con l’introduzione di un tributo europeo che alimenti il bilancio europeo. In tale contesto, indispensabile appare il rafforzamento dei poteri del Parlamento UE in materia tributaria, in quanto il futuro modello fiscale europeo dovrà necessariamente essere supportato da una adeguata legittimazione democratica, con l’abbandono dell’unanimità nei settori nei quali essa è tuttora applicata e la sua sostituzione con la maggioranza qualificata. Ma la strada in questa direzione non risulta per niente facile da percorrere, considerato che l’unico modo per consentire al Parlamento europeo, quale perno del relativo consenso, di svolgere a pieno questa sua nuova prerogativa in materia tributaria è solo una futura revisione dei Trattati.

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Risk management Africa: La preparazione ai rischi e catastrofi nel quadro del cambiamento climatico

Marco Tamburro

Dal Brasile alla Tanzania, i cambiamenti climatici si fanno sentire generando catastrofi alle quali le comunità locali sembrano molto poco preparate. Se quindi si osservano inondazioni e cicloni dal Sud America all’Africa, sembra chiaro che, da un punto di vista globale, sia necessario puntare sulla preparazione ai rischi dei disastri che colpiranno sempre di più.

Ovviamente, ci saranno sempre dei Paesi più sensibili e a rischio (vedere in particolare la costa est dell’Africa) dove una combinazione di fattori rende diverse comunità più vulnerabili di altre. Infatti, a causa degli imprevedibili fenomeni atmosferici, il sottosviluppo, la mancanza di anticipazione delle catastrofi, mancanza di informazioni e scarse capacità delle varie protezioni civili nei Paesi in via di sviluppo, fanno si che gli effetti e le vittime siano più importanti rispetto ad altri contesti.

Ovviamente, a livello internazionale questo quadro è già ben chiaro da tempo, visti i programmi strategici di diverse agenzie Nazioni Unite e Unione Europea che sostengono la formazione e l’accompagnamento tecnico delle autorità istituzionali responsabili per la gestione dei disastri.

Il Quadro di Riferimento di Sendai per la Riduzione del Rischio di Disastri 2015-2030 è stato

adottato a Sendai, Giappone, il 18 marzo 2015, in occasione della Terza Conferenza Mondiale

delle Nazioni Unite. Il Quadro di Riferimento di Sendai succede al Quadro d’Azione di Hyogo

2005-2015: Costruire la Resilienza delle Nazioni e delle Comunità alle Catastrofi.

I cambiamenti più significativi sono stati apportati in un’ottica di maggiore enfasi sulla gestione del rischio di disastri in contrapposizione alla sola gestione delle catastrofi stesse. La definizione di sette obiettivi globali, la riduzione del rischio di disastri, la prevenzione di nuove forme di rischio, attraverso la riduzione dei rischi esistenti e l’aumento della resilienza, un set di principi guida, inclusa la responsabilità primaria degli Stati nella prevenzione e riduzione del rischio e il coinvolgimento dell’insieme delle organizzazioni e istituzioni statali. Inoltre, la finalità della riduzione del rischio di disastri è stata significativamente ampliata per focalizzarsi sui rischi sia naturali che antropici, e ai correlati rischi e pericoli di natura ambientale, tecnologica e biologica.

Ad oggi, solo in Kenya, in particolare nella capitale Nairobi, si contano già 228 vittime e 210 nel sud est della Tanzania. Questi Paesi sono in realtà flagellati dagli effetti del Nino che è tornato preponderante dalla fine del 2023 anche nei Paesi limitrofi come il Mozambico. Questo fenomeno, non porta solo ad eventi catastrofici ed improvvisi come le tempeste tropicali, ma anche a contesti che vivono effetti contrari, come la prolungata siccità nel centro del Mozambico o in Somalia.

Uno sconvolgimento climatico sul quale anche le ONG cercano di intervenire con i finanziamenti di vari partners, come l’Unione Europea che per dare un quadro di riferimento e cercare di anticipare il più possibile le azioni per ridurre al massimo le conseguenze, stabilisce anche con anticipo le situazioni dei singoli Paesi con delle valutazioni sulla loro vulnerabilità, considerando molte variabili legate all’esposizione, la vulnerabilità e le capacita istituzionali (https://drmkc.jrc.ec.europa.eu/)

Marco Tamburro

Scienze cognitive

Scienze Cognitive: Conoscere l’”IO” per interpretare le future sfide alla sicurezza

Lanfranco Caiola

Le scienze cognitive studiano il modo in cui opera, funziona e si comporta la mente umana. Come settore di studio scientifico, le scienze cognitive richiedono un’applicazione multidisciplinare si spazia dall’ambito filosofico allo psicologico, neuropsicologico, ma anche all’ambito medico, statistico-metodologico e organizzativo, fino ad includere studi che interessano i processi che legano l’uomo alla liberta di scelta e non da ultimo le interconnessioni con intelligenze non biologiche o IA.

Lo sviluppo di conoscenze teoriche e competenze applicative per l’analisi e la gestione di processi decisionali individuali e collettivi, sono sempre più coordinate nelle scienze cognitive per un approccio sistemico multidimensionale.

Lo studio interdisciplinare dei sistemi intelligenti, finalizzato alla comprensione del sistema cognitivo, sta con l’evoluzione dell’IA acquisendo nuova polarità all’interno non solo del settore accademico scientifico, ma anche nel dibattito quotidiano e nel pensiero comune. Le scienze cognitive attualmente stanno fornendo una base scientifico filosofica alla formazione e creazione di modelli simulativi di intelligenze non biologiche e reti neurali.

Il professor William Bechtel[1], ha definito le Scienze cognitive  come “ lo studio interdisciplinare dei sistemi intelligenti – naturali e artificiali – che si avvale di contributi di discipline come la linguistica, la psicologia, l’intelligenza artificiale“.

Da quella definizione le scienze cognitive hanno continuato a espandere i proprio terreno di studio, andando a creare una rete di interconnessioni che oggi annovera tra le discipline interessate: la psicologia cognitiva, la neurofisiologia, la neuroscienza cognitiva, l’intelligenza artificiale (IA), la linguistica cognitiva, la filosofia della mente, nonché l’informatica (coinvolta soprattutto nella formazione di modelli simulativi come le reti neurali).

Branche della ricerca stanno cercando di applicare la metodologia e le teorie di studio e ricerca delle neuro scienze anche a indirizzi fino a questo momento esclusi.

L’antropologia, la genetica, l’etologia, l’economia (si pensi alla teoria dei giochi e il neuromarketing), la scienza cognitiva della matematica e persino all’arte.

In ogni caso ciò che qualifica principalmente le scienze cognitive sin dal loro nascere, vedi il MIT di Boston nel 1956, è il loro carattere tipicamente multidisciplinare, in grado di coniugare discipline anche molto differenti tra loro, al fine di giungere alla comprensione del funzionamento cognitivo.

Metodologia delle scienze cognitive

Attualmente gli scienziati cognitivi si occupano principalmente di modellazione e teorizzazione computazionale, nel tentativo di capire la mente, l’intelligenza e il funzionamento del concetto di pensiero. I principali centri di studio sono attualmente presso l’Università degli Studi di Milano, Roma tre a Roma, o la Chapman in California e l’Università del Texas a Dallas (solo per citare alcune eccellenze nazionali ed estere)

Tali studi prevedono la sperimentazione con soggetti umani, organizzati in gruppi, per simulare raggruppamenti sociali, o presi come singoli. Spesso sono gli studenti stessi che si prestano a partecipare a esperimenti di laboratorio riguardanti uno degli aspetti pratico/teorici delle Neuro Scienze, o la reazione dell’apparato a stimoli esterni studiati in condizioni (che si spera…) controllate.

Questi esperimenti in genere prevedono un ragionamento deduttivo, in cui i soggetti devono applicare idee con risultati pratici volti a convalidare o meno una tesi.

La scienza cognitiva è nata dal desiderio di comprendere non tanto chi siamo in termini filosofici ma per cercare di comprendere il “perché pensiamo”, le origini e motivazioni del ”comportamento umano” e se le nostre azioni o interazioni possano essere non solo un segno del nostro io, ma possano essere alterate da stimoli esterni o fisiologici.

Ampliando il campo

In ambito medico, man mano che si scopre di più sui percorsi neurali, sulle risposte psicologiche e psicosomatiche relative a stimoli sia interni che esterni e aumentiamo l’interrelazione con tecnologie come le IA, le scienze cognitive diventano sempre più chiarificatrici grazie ai progressi nelle tecniche e tecnologie di sperimentazione cognitiva, gli scienziati si avvicinano a scoperte che potrebbero curare malattie neurodegenerative debilitanti quali ad esempio il Parkinson.

L’universalità dei processi decisionali: i meccanismi neurocognitivi che si innescano nella presa di decisione

Il ragionamento universale innescato dall’approccio molteplice caratterizzante le Scienze Cognitive, ben si adatta al concetto di sicurezza che abbiamo sviluppato negli ultimi anni.

La cultura della sicurezza, oggi si basa su conoscenze approfondite in un mondo dominato dalla complessità della realtà. I cambiamenti rapidi del nostro tempo dovuti alla globalizzazione, e contraddistinti da un’accelerazione complessa degli eventi, richiede un approccio altamente interconnesso.

Il mondo odierno, e le società che lo compongono sono un sistema complesso in ogni suo aspetto e chi si occupa di sicurezza, a diverso titolo e grado, non può più operare senza tener conto delle varie sfaccettature e interconnessioni in tutti i settori della quotidianità. La maggior parte degli eventi si svolgono all’interno di sistemi dinamici complessi, imprevedibili, e ciò rende necessario sviluppare compiutamente il binomio consapevolezza/conoscenza secondo un approccio multidimensionale, tipico dei sistemi scientifici complessi, capace d’ integrare tutte le azioni umane.

Se la comprensione profonda dei processi cognitivi consente di analizzare e gestire i processi psicologici e decisionali, siano essi individuali che collettivi, l’applicazione di tale metodo consentirà un giorno di giungere a quella che viene definita “l’Equazione della sicurezza”.

La comprensione del pensiero, allo scopo di teorizzare principi fondamentali come: rappresentazioni mentali e meccanismi computazionali razionali e dimostrabili è un interesse emerso negli anni ’50. Un percorso razionale e dimostrabile (quindi prevedibile) può essere applicato alle scelte collettive proprie o indotte, che coinvolgono molteplici aspetti e sono determinanti nelle sorti di un’attività o della sicurezza di una collettività.

Lo studio delle scienze cognitive nei processi decisionali permette di analizzare e progettare interventi atti a migliorare la qualità e l’appropriatezza delle decisioniriducendo il rischio di errore. Si tratta di una risorsa volta a supportare scelte in contesti complessi, in cui le ricadute delle decisioni, possono essere anche devastanti a livello sociale.

L’integrazione fra neuroscienze e scienze cognitive applicate, consente oggi di progettare percorsi basati sull’uso di strumenti tecnologici evoluti. Attraverso questi sistemi è possibile migliorare l’organizzazione del lavoro e buone pratiche che ne garantiscono la sicurezza e la stabilità per un benessere sociale condiviso: la tecnologia diventa così un sostegno ai processi decisionali. Le scienze cognitive evolvendo all’interno della società, che contribuiscono a plasmare, hanno aggiunto alle domande sull’agire, sull’arbitrarietà e deliberatezza del pensiero quelle collegate all’interazione di quest’ultimo con macchine e intelligenze artificiali.

Scienze cognitive e sicurezza allargata

Il processo decisionale si sintetizza nella scelta tra possibili soluzioni, derivanti da: intuizione o ragionamento (o entrambi).

Mentre sono aspetti personali a muovere l’intuizione del decisore e si basano su valori ed esperienze, fatti e dati certi ed oggettivi caratterizzano l’approccio ragionato.

Secondo uno schema classico il processo che porta a una decisione può essere riassunto in cinque fasi.

  • Identificare l’obiettivo;
  • Raccogliere informazioni;
  • Trovare soluzioni;
  • Valutare le conseguenze;
  • Compiere la scelta.

Tali processi vengono influenzati dalla situazione di partenza:

  1. stato di certezza,
  2. stato di rischio,
  3. stato di incertezza,

ma anche dalle condizioni umane che hanno creato tali condizioni, e dalla misura in cui esse siamo spontanee o indotte da manipolazioni esterne, psicologiche, ambientali o materiali.

Grazie a questo livello di analisi il decisore, che tiene conto solo delle classiche 5 fasi e delle 3 variabili è in grado di conosce solo lo stato di fatto con un’analisi psicosociale della realtà che ha creato la situazione a cui è chiamato a rispondere, può valutare le probabili conseguenze delle sue scelte, capire e creare un modello di previsione e azione per evitare che tali condizioni possano ricrearsi.

Se da un lato l’analisi psicologica compiuta dalla “psicologia delle masse” mira a studiare l’influsso dei fenomeni collettivi sul comportamento individuale, le scienze cognitive mirano ad integrare ogni possibile aspetto indagabile alla ricerca delle interconnessioni che rendono possibili tali comportamenti, fornendo una spiegazione multidimensionale a problemi complessi che possono spaziare dal concetto di sicurezza allargata, all’influenzabilità del libero arbitrio, al rapporto con intelligenze non biologiche.


[1] William Bechtel, Filosofia della mente, Il mulino, 1992, ISBN 88-15-03684-9OCLC 797567017. URL consultato il 16 dicembre 2022.

Giulia Badiali tutela ed educazione del consumatore al tempo del neuromarketing

Tutela ed educazione del consumatore al tempo del neuromarketing

Dott.ssa Giulia Badiali.

Laureata a dicembre 2023 in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza con una tesi in Diritto Privato dell’Informatica.

Svolge la sua attività lavorativa presso una multinazionale del settore sportivo da 14 anni e presso l’Università degli Studi di Perugia consegue prima la laurea triennale in Scienze della Comunicazione nel 2015, poi la laurea specialistica in Comunicazione Pubblica, Digitale e d’Impresa nel 2017 con una tesi comparativa sul diritto all’anonimato in rete.

La passione per il “diritto del web” l’ha portata ad iscriversi a Giurisprudenza e a continuare ad approfondire la propria conoscenza e formazione anche dopo la laurea.

Tutela ed educazione del consumatore al tempo del neuromarketing Nell'odierna epoca dominata dall'intelligenza artificiale(AI),dal neuromarketing e dalla crescente interazione tra tecnologia e consumatori che trasforma costantemente il panorama della pubblicità commerciale, sorge l’esigenza di tutelare ed ‘educare’ il consumatore.
Adottando un approccio multifattoriale nell’analisi delle intersezioni tra intelligenza artificiale, neuromarketing e protezione dei dati personali, è opportuno, infatti, soffermarsi sullo studio dell’effettivo grado di consapevolezza ed educazione dei consumatori. L’obiettivo del presente lavoro è, dunque, quello di cercare di comprendere l'impatto del neuromarketing e dell'AI sui fruitori, valutando quanto i consumatori, nel compiere delle scelte, siano effettivamente informati e consapevoli. L’avvento dell'AI ha rivoluzionato il mondo del marketing, consentendo alle aziende di raccogliere ed analizzare grandi quantità di dati in tempo reale per influenzare così le decisioni dei consumatori. L'analisi dei dati attraverso il neuromarketing, basata sulla comprensione dei processi irrazionali che influiscono sulle decisioni di acquisto, ha aperto nuove prospettive alle strategie di marketing. Tuttavia, questo progresso tecnologico manifesta diversi profili critici riguardo la privacy e la protezione dei dati personali, richiamando normative a tutela dei consumatori e la necessità di pratiche decisamente più etiche. È necessario, infatti, che i sistemi di intelligenza artificiale siano oggetto di una specifica regolamentazione. In questo senso, un importante ruolo è stato svolto dall’Artificial Intelligence Act, il primo atto normativo approvato dal Parlamento Europeo per la sicurezza e la trasparenza dei sistemi di AI. I principi di trasparenza, di eguaglianza e di autodeterminazione, che emergono dal dato positivo, indirizzano i futuri interventi normativi in materia di intelligenza artificiale, tenuto conto dei pericoli che questa nuova tecnologia potrebbe generare a discapito della tutela dei diritti e della libertà della persona1. L’attività di neuromarketing utilizza l’intelligenza artificiale per la raccolta di dati: i due strumenti, insieme, ridefiniscono oggi il modo in cui le aziende interagiscono con i consumatori e il modo di influenzare le loro scelte d'acquisto. Proprio per questo sono in atto sfide sia etiche che legali legate alla raccolta, all'elaborazione e all'utilizzo dei dati personali, con particolare attenzione alla protezione della privacy dei consumatori. In tal senso, è opportuno richiamare quello che è definito ‘paradosso della privacy’. Viene da chiedersi, infatti, quale sia il motivo per il quale un soggetto dovrebbe prestare il consenso alla raccolta e al trattamento dei propri dati personali. Nonostante la gratuità del servizio, una ricerca del Pew Research Center ha dimostrato che per gli individui i rischi derivanti dalla raccolta delle proprie informazioni personali superano i vantaggi. Lo studio rivela che gli individui hanno la sensazione di non avere il controllo sulle proprie informazioni e sono preoccupati per il modo in cui le aziende le utilizzano, non comprendendo cosa queste fanno con i propri dati personali2. Si ha quindi quello che è stato definito appunto privacy paradox (‘paradosso della privacy’): gli utenti esprimono preoccupazioni riguardo la tutela della riservatezza dei propri dati personali e ciononostante cedono le proprie informazioni per utilizzare in maniera ‘gratuita’ i serviziofferti dalleaziende3. Il ‘paradosso della privacy’ non deriva solo dalla razionalità, ma è influenzato anche dalle emozioni, dalle deviazioni psicologiche e dai pregiudizi cognitivi. In effetti, il processo decisionale spesso incorpora percezioni mentali che comprendono sia elementi razionali che emozionali. Esplorare queste percezioni mentali attraverso lo studio dell'attività del cervello umano risulta quindi cruciale, poiché può offrire spiegazioni alternative ai fenomeni, permettendo di riconsiderare i concetti all'interno dei sistemi informativi.
Oltre all’ambito pubblicitario, è importante approfondire l’uso del neuromarketing e delle neuroscienze (e quindi i rischi legati alla profilazione e all'uso dei dati) anche in ambito medico4, oltreché la potenziale unione tra neuromarketing e big data5. Quanto al settore dei big data, è interessante notare come l’AI e le tecniche di machine learning stanno alterando il modo in cui le organizzazioni pubbliche e private raccolgono, elaborano, archiviano e proteggono i dati. In tale ambito, una delle sfide più importanti è sicuramente quella di massimizzare l’utilità proteggendo al tempo stesso i diritti umani dei cittadini e preservando un significativo controllo umano sulle macchine. Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, si assiste nei fatti alla nascita di nuovi diritti e a una trasformazione del concetto di privacy. Il riferimento normativo chiave è certamente il GDPR, da cui emerge la connessione tra la privacy e la sua tutela giuridica nei confronti dei nuovi strumenti digitali. Le norme del regolamento 679/2016 risultano particolarmente utili, soprattutto per le grandi aziende, nel prevenire potenziali violazioni della privacy attraverso un trattamento più responsabile dei dati di cui sono in possesso. Tornando, dunque, al tema dell'educazione dei consumatori, il problema è sempre quello di capire quando i consumatori possono dirsi effettivamente informati sulle tecniche di marketing basate sull'intelligenza artificiale e sul neuromarketing, e se di conseguenza abbiano le conoscenze necessarie per prendere decisioni d'acquisto consapevoli. La stessa intelligenza artificiale può svolgere un ruolo importante per migliorare la consapevolezza dei consumatori nelle loro scelte. Lo testimonia il progetto Claudette, un sistema di intelligenza artificiale basato su un modello di machine learning supervisionato, che è progettato per condurre analisi giuridiche su contratti online e informative sulla privacy, con lo scopo principale di identificare e classificare le clausole abusive e illegali presenti in tali documenti. L'obiettivo dichiarato del progetto è quello di creare un sistema di AI al servizio della comunità, fornendo supporto ai consumatori che si trovano spesso in una posizione di asimmetria informativa rispetto ai prestatori di servizi online. Le presenti riflessioni mostrano quanto sia necessario gettare luce sui temi centrali della tutela del consumatore, sull’uso etico dell'intelligenza artificiale e sul neuromarketing, nonché sull'importanza dell'educazione dei consumatori in un'epoca in cui le dinamiche di mercato e l'interazione tra AI e consumatori sono in continua evoluzione. L'educazione al consumo è fondamentale per sviluppare una società in cui i consumatori siano consapevoli, critici e capaci di prendere decisioni informate; può formarli sui rischi associati alle tecniche dineuromarketing e all'uso dell'intelligenza artificiale nel processo decisionale, e questa consapevolezza può guidare comportamenti più attenti e riflessivi. Può fornire, inoltre, gli strumenti necessari per riconoscere influenze esterne e difendere i propri interessi in un mondo in cui il marketing è sempre più sofisticato. In questo ‘contesto educativo’, i consumatori emergerebbero non solo come acquirenti più informati, ma anche come cittadini consapevoli del ruolo che giocano nel mercato. Una consapevolezza, questa, che potrebbe anche influenzare positivamente la società nel suo complesso, spingendo così le aziende a pratiche più etiche e trasparenti. 1 Fasan M., I principi costituzionali nella disciplina dell’Intelligenza Artificiale. Nuove prospettive interpretative, in DPCE Online, n.1, 2022. 2 Auxier B., Rainie L., Anderson M., Perrin A., Kumar M., Turner E., Americans and Privacy: Concerned, Confused and Feeling Lack of Control Over Their Personal Information, 15 novembre 2019, https://www.pewresearch.org/internet/2019/11/15/americans-and-privacy-concerned-confused-and-feeling-lack-of- control-over-their-personal-information/ 3 Mohammed Z. A., Tejay G. P., Examining the privacy paradox through Individuals' neural disposition in e-commerce: An exploratory neuroimaging study, in Computers & Security, n. 104, 2021, article 102201. 4Sirichiamano,senzapretesadiesaustività, AkbarialiabadH.,BastaniB.,TaghrirM.H.,PaydarS.,GhahramaniN.,Kumar M., Threats to Global Mental Health From Unregulated Digital Phenotyping and Neuromarketing: Recommendations for COVID-19 Era and Beyond, In Frontiers In Psychiatry, n. 12, 2021, art. 713987; Minen M. T., Stieglitz E. J., Sciortino R., Torous J., Privacy Issues in Smartphone Applications: An Analysis of Headache/Migraine Applications, in American Headache Society, n. 58, 2018, p. 1014 ss.; Pasquale Stanzione, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, intervento al Convegno “Privacy e neurodiritti: la persona al tempo delle neuroscienze”, organizzato per la Giornata europea della protezione dei dati 2021, https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb- display/docweb/9529600. 5 Sia i big data che il neuromarketing hanno una finalità in comune: indagare e c onoscere gli aspetti (anche quelli più nascosti e profondi) che stanno alla base dei comportamenti d'acquisto e di consumo. Così, Fiocca R., Convergenze inaspettate... E se big data e neuromarketing insieme svelassero più di quanto conosciamo dei comportamen ti di acquisto e consumo?, in Micro & Macro Marketing, n. 2, 2019, p. 361 ss.

Gaetano Fasano cover

I mandati d’arresto della Corte penale internazionale e l’immunità per i Capi di Stato e di Governo: dal caso al-Bashīr al caso Putin

Dott. Gaetano Fasano.

Laureato con lode in Scienze dell’Amministrazione e della Sicurezza presso l’Università degli Studi di Roma – Unitelma Sapienza. Funzionario presso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, specializzato in attività antifrode e controlli, cooperazione internazionale e scambi informativi. Vanta una ultraventennale esperienza nella Pubblica Amministrazione, sia nel comparto sicurezza che nel comparto IT. Attualmente impegnato in percorsi formativi riguardanti le relazioni internazionali nel settore commerciale. La passione per le discipline internazionalistiche e per l’attualità sociopolitica, unita alla competenza lavorativa anche in ambito di polizia giudiziaria, lo hanno condotto ad approfondire gli sviluppi degli eventi del conflitto russo-ucraino, in particolare sul piano delle responsabilità penali e delle competenze in merito all’accertamento delle stesse da parte della Corte penale internazionale.

I mandati d’arresto della Corte penale internazionale e l’immunità per i Capi di Stato e di Governo: dal caso al-Bashīr al caso Putin Con un comunicato stampa del 17 marzo 2023, la Corte penale internazionale ha reso noto di aver emesso un mandato d’arresto nei confronti del Presidente della Federazione Russa, Vladimir Vladimirovich Putin, e della Commissaria per i diritti dell'infanzia presso l'ufficio del Presidente della Federazione Russa, Marija Alekseyevna L’vova-Belova, con l’accusa di crimini di guerra di deportazione e trasferimento illegale di popolazione, in particolare bambini, dalle aree occupate dell’Ucraina alla Federazione Russa. Ma cosa vuol dire, nello specifico? Quali effetti, all’atto pratico, possono avere questi mandati d’arresto? E poi: cos’è e in base a quali presupposti agisce la Corte penale internazionale? Nel tentativo di offrire una risposta a questi e ad altri interrogativi, appare opportuno operare una descrizione del percorso storico che ha condotto alla “instaurazione”, nel 1998, della Corte penale internazionale, nonché anche una rappresentazione delle attività poste in essere dalla Corte da quando ha iniziato la sua attività nel 2002, soffermandosi su alcuni “casi” che hanno permesso l’affermazione di taluni principi fondamentali su cui basare le decisioni della stessa Corte. Partendo dalle prime esperienze di “tribunali penali internazionali”, quali quello di Norimberga e di Tokyo, orientati a sottoporre a giudizio i responsabili dei più gravi crimini perpetrati nel corso della Seconda guerra mondiale, a loro volta ispirati dalle risultanze del Trattato di Versailles del 1919, che intendeva sottoporre a un processo sovranazionale l’imperatore tedesco Guglielmo II, accusato di crimini contro la pace e contro l’umanità, si giunge fino agli eventi della cosiddetta ”Operazione militare speciale in Ucraina” del 2022, nonché ai fatti immediatamente successivi, passando dallo storico evento legato alla convocazione della Conferenza dei plenipotenziari e alla firma dello Statuto di Roma nel 1998 (atto con cui è stata sancita la nascita della Corte penale internazionale) e dalle proteste dell’”Euromaidan” del 2014, di cui si analizzano le origini e le caratteristiche. Si analizzano e si descrivono, inoltre, le prime attività significative della Corte, non solo in termini temporali ma anche e soprattutto per quel che riguarda la rilevanza che alcuni fatti attenzionati dalla stessa hanno assunto nelle sue determinazioni successive. A tal proposito, non si procede solo e soltanto ad esporre e analizzare le prime attività di indagine della Corte e le sue prime condanne o assoluzioni, ma si pone particolare attenzione agli eventi che hanno visto coinvolto l’ex Presidente del Sudan Omar Hasan Ahmad al-Bashīr, destinatario di due diversi mandati d’arresto da parte della Corte per crimini di guerra, contro l’umanità e di genocidio, che sarebbero stati posti in essere nel noto “teatro” del Darfur nel corso dell’omonimo conflitto. Esaminando la specifica circostanza e gli effetti che tali mandati di arresto hanno avuto sul piano internazionale, soprattutto alla luce di quanto (non) fatto in termini di cooperazione da parte di vari Stati parte dello Statuto di Roma, tra cui in particolare il Sudafrica, si arriva infine a trattare dei parallelismi e delle divergenze tra il caso al-Bashīr e il caso Putin, ponendo l’attenzione in particolar modo sul tema della responsabilità, con un focus sulle differenze tra i due diversi soggetti destinatari dei mandati d’arresto (Putin e L’Vova-Belova), nonché sulla questione delle immunità per i Capi di Stato e di Governo previste e regolate dagli articoli 27 e 98 dello Statuto di Roma.

Angelica Speciale cover

Europol e la cooperazione di polizia per il contrasto alla criminalità organizzata nell’UE

Dott.ssa Angelica Speciale

Dott.ssa Speciale Angelica laureata nell’Aprile del 2023 in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza con tesi in Diritto europeo e sicurezza.

Interessata ed appassionata alle tematiche relative alla sicurezza e al diritto ha conseguito precedentemente alla Laurea magistrale in Giurisprudenza:

  • la Laurea triennale in Scienze dell’Amministrazione e Sicurezza presso l’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza
  • il Master di Primo livello in Criminologia e Scienze investigative presso l’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza

Durante il corso degli anni unitamente al proprio percorso di studi ha approfondito e coltivato le proprie conoscenze nell’ambito della sicurezza nazionale, comunitaria ed internazionale. Analizzando in particolar modo sia il processo evolutivo della sicurezza, che i processi di cooperazione interna ed esterna nelle attività di contrasto alla criminalità organizzata e al terrorismo nei diversi ambiti di applicazione.

A seguito del conseguimento della Laurea magistrale in Giurisprudenza sta proseguendo e migliorando la propria formazione nell’ambito giuridico.

Nel 2013 si è arruolata nell’Esercito Italiano dove attualmente ricopre il grado di Graduato Scelto nella categoria Graduati.

Europol e la cooperazione di polizia per il contrasto alla criminalità organizzata nell’UE.
Tra gli anni ottanta e novanta del Novecento dopo la stipulazione del Trattato di Roma, del Trattato di Maastricht e del Trattato di Schengen, l’Unione Europea ha dovuto affrontare la crescente diffusione del crimine all’interno del territorio europeo a seguito della liberalizzazione delle frontiere interne. L’abbattimento delle frontiere tra gli Stati membri, oltre che ad apportare dei vantaggi come la libera circolazione all’interno dell’Unione di persone, mezzi e capitali; ha favorito la cooperazione nelle attività di scambio tra gli Stati membri; ma ha apportato anche una maggiore vulnerabilità della sicurezza dell’Unione. L’UE al fine di contrastare la diffusione della criminalità, ha ritenuto necessaria una maggiore intesa tra le forze di polizia degli Stati membri rispetto al passato, impegnate nella lotta e contrasto delle varie forme di criminalità e del terrorismo. A tale scopo l’Ue ha istituito l’Ufficio di polizia europeo, l’Europol, capace di fronteggiare e contrastare le minacce e i rischi incombenti sul territorio europeo, garantendo una maggiore cooperazione improntata sia sulla sicurezza interna che esterna. Le attività di cooperazione svolte dall’Europol ricoprono diversi ambiti trattando: la prevenzione e la lotta al terrorismo, la tratta degli esseri umani, il traffico illegale di stupefacenti, le reti d’immigrazione clandestina, il traffico illecito di autoveicoli e di materiale radioattivo e nucleare, la frode organizzata,
la falsificazione di denaro e il riciclaggio di denaro derivante dalla criminalità internazionale cercando in tal modo di rendere l’Unione più sicura. Inoltre durante l’esecuzione dei propri compiti l’Europol si avvale di alcune figure come le Unità nazionali Europol e gli ufficiali di collegamento, che sono il filo conduttore tra gli Stati membri e l’Europol, permettendo loro lo scambio di dati ed informazioni, ricorrendo durante lo scambio informativo a sistemi specializzati per rendere più celeri e sicure le attività di scambio, garantendo la protezione e l’accesso dei dati tramite un maggiore controllo attraverso dei controlli interni, esterni ed incrociati. Per di più l’Europol ha dovuto tener conto dell’evoluzione delle minacce che nel tempo sono cambiate, difatti per minaccia non si considera solo quella fisica, ma anche il prodotto di sempre più ingegnosi criminali, richiedendo a sua volta maggiori misure di sicurezza, considerando quindi anche le minacce CBRN, le quali possono essere perpetrate ed innescate con l’uso di strumenti informatici creando delle gravi conseguenze per la nostra quotidianità. In merito a ciò l’Europol per contrastare gli attacchi terroristici ha istituito dei Centri specializzati come il Centro europeo di contrasto antiterrorismo, il Centro europeo per la lotta al traffico di migranti e il Centro europeo contro il cyber crime. I quali si occupano di contrastare e sanzionare sia gli autori che coloro che supportano gli attacchi terroristici, supportandoli mediante il reperimento dei materiali utili per le organizzazioni terroristiche e il riciclaggio di denaro avvalendosi del web.
Durante lo svolgimento dei propri compiti l’Europol ha stretto delle collaborazioni sia interne che esterne con degli Organismi internazionali come la Nato, le Nazioni Unite, l’Unione Africana e l’Osce avviando delle missioni volte alla pace e alla sicurezza. Le missioni avviate dall’Europol si distinguono in militari, civili ed ibride; e durante il proprio mandato i contingenti rispettano le regole d’ingaggio, il diritto all’uso della forza, il diritto penale internazionale, il diritto umanitario internazionale e il diritto del mare. Lo scopo di tali operazioni è quello di ristabilire lo stato di sicurezza e di pace mediante: la formazione di forze di polizia, il contrasto e la lotta alla criminalità, ripristinando così le situazioni di crisi, l’ordine e lo stato di diritto. Di rilevante importanza è stata l’istituzione dell’Eurojust, che ha permesso la formazione della rete giudiziaria europea e della Procura europea Eppo dando vita alla cooperazione giudiziaria in materia penale, e grazie alla formazione della rete giudiziaria sono possibili gli scambi di dati ed informazioni tra gli SM e l’Europol. Ma nonostante gli interventi apportati e la continua evoluzione dell’Europol purtroppo sono presenti ancora delle lacune. Angelica Speciale

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Nuova ondata di violenze in Mozambico: l’orrore non si ferma in Cabo Delgado, TOTAL rinvia approvvigionamenti e trivellazioni

Marco Tamburro

Nella seconda metà del 2023, si erano ridotti di molto gli attacchi del movimento terroristico di ispirazione islamica operativo nel Nord del Mozambico; molti distretti erano considerati sicuri dopo diverse analisi di sicurezza e sembrava che la TOTAL fosse finalmente pronta a riprendere la catena di approvvigionamento logistica per portare avanti il progetto di trivellazione del giacimento di gas di Afungi.

Invece, complice anche il progressivo ritiro del contingente delle forze sudafricane (Sud Africa, Zimbabwe, Botswana) SAMIM, da dicembre 2023, circa 112.000 persone sono state nuovamente costrette a fuggire da diversi distretti a causa dei nuovi attacchi. Inizialmente, gli attacchi si erano concentrati nei distretti ‘’storicamente difficili’’ per l’armata mozambicana, ossia quei distretti del nord est che non sono mai più stati totalmente sotto il controllo delle autorità mozambicane, come Quissanga, Macomia e Mocimboa da Praia, in particolare zone rurali.

Tuttavia, con la diminuzione degli effettivi SAMIM e le truppe rwandesi limitate al controllo della zona nell’estremo nord di Palma-Afungi, le forze mozambicane si sono ritrovate nuovamente a cercare di controllare una grande area fra Montepuez e Pemba.

Sembra ormai scontato che anche il non state armed group di ispirazione islamica abbia la sua rete di informatori, che non hanno tardato ad informare il gruppo dirigente operante fra Mozambico e Tanzania, che la diminuzione dei militari SAMIM e la fragilità delle truppe mozambicane potevano essere nuovamente sfruttati. Di conseguenza, gi attacchi si sono prima concentrati nelle zone dove le forze mozambicane non erano più molto supportate dalla SAMIM, con gli islamisti che hanno occupato diverse isole delle Quirimbas, intorno all’isola di Ibo.

Successivamente, a fine febbraio, un’ondata di attacchi si è concentrata nel distretto di Chiure, coinvolgendo anche le zone frontaliere fra le province di Cabo Delgado e Nampula. Nello spazio di cinque giorni a partire dallo scorso 24 febbraio, circa 65.000 persone sono fuggite in diverse direzioni dalla zona rurale del distretto di Chiure. La cosa, ancora più preoccupante, non sono stati solo gli attacchi in rapida successione nella zona di Chiure, ma anche una sostanziale assenza della risposta militare delle forze mozambicane.

In alcune zone, gli islamisti sono addirittura arrivati a prendere il controllo delle strade principali e chiedere una tassa per il passaggio dei trasporti pubblici senza usare la violenza contro la popolazione civile.

Questa sorta di riattivazione di gruppi numerosi (si stima 20-40 per attacco) sembra confermare le analisi del passato che puntano verso questo sistema di ‘’attivazione-riattivazione’’ dei combattenti che vengono informati, riforniti e guidati da un gruppo dirigente che ha la possibilità di richiamare questi individui che, probabilmente, alla fine delle ondate di attacchi, tornerà nei distretti di provenienza e riprenderà la vita da civile.

Marco Tamburro

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Monitoriamo il Piano Mattei: cosa sta succedendo in Africa?

Marco Tamburro

Con il coinvolgimento diretto dei più alti rappresentati per l’AICS (Agenzia italiana cooperazione allo sviluppo) e la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del MAE, il piano Mattei ha conosciuto un importante sviluppo nel progetto di implementazione.

A marzo 2024, un avanzamento significativo si è registrato con diverse missioni di esperti e manager del ‘’sistema Italia’’ per portare avanti i colloqui con il personale dell’AICS già presente in loco coinvolgendo anche diversi Ministri dei Paesi africani partners.

Sul versante dell’Africa dell’Est, sembrano chiari gli obiettivi per il piano Mattei: i Paesi prioritari saranno Kenya, Tanzania e Mozambico, con anche il coinvolgimento dell’Uganda. Un obiettivo strategico è quello di, innanzitutto, capire con i ministri dei paesi africani, quali sono le potenziali collaborazioni da introdurre e, soprattutto sul versante settore privato, quali possono essere i settori economici su cui investire. A questo proposito, sembra quindi confermato un maggior interesse del governo italiano a coinvolgere le imprese italiane negli investimenti all’estero e garantire un supporto attraverso le ONG italiane per i bisogni di emergenza o sviluppo a cui rispondere.

A fine Marzo 2024, a Dar Es Salaam in Tanzania, alla presenza di Massimo Riccardo (inviato speciale del Ministro Tajani per il Piano Mattei) e il Ministro plenipotenziario Stefano Gatti per la Direzione generale di cooperazione allo sviluppo, insieme all’Ambasciatore italiano e l’AICS Kenya-Tanzania, hanno lanciato le consultazioni per l’est Africa. Merita un approfondimento ulteriore il caso della Tanzania che sarà progressivamente integrata nelle priorità dell’Italia per il Piano Mattei, in particolare lanciando investimenti nel settore del caffè (con l’appoggio di Illy ad esempio) e il turismo (rappresentanti di Franco Rosso erano a Dar Es Salaam) per la rilevanza di Zanzibar in questo senso.

A questo punto si delineano alcuni punti chiave per il cosiddetto ‘’sistema Italia’’: i fondi che saranno annualmente disponibili per le sedi AICS che contribuiranno al budget globale ‘’Mattei’’ saranno oggetto di implementazione da parte delle ONG italiane nei settori dove i bisogni saranno più urgenti (salute, sicurezza alimentare, impiego dei giovani, genere, sviluppo rurale).

Sul versante delle imprese, il Piano Mattei sembra voler garantire ai marchi italiani un accompagnamento istituzionale forse mancato in passato, per poter avere una via preferenziale nei rapporti con gli Stati africani ma anche scongiurare che complicazioni burocratiche o barriere socioeconomiche possano in qualche modo frenare gli investimenti.  A questo punto però entra in gioco Cassa, Depositi e prestiti: saranno disponibili questi finanziamenti per le imprese private che potranno proporre dei progetti nel quadro del Piano Mattei nei paesi prioritari indicati e che porteranno dei benefici reciproci. Il ruolo di Cassa Depositi e prestiti da quindi un ulteriore spunto di analisi: se il loro ruolo è quello di garantire dei prestiti da rimborsare a seguito del successo dell’investimento, vuol dire che il totale dei fondi del Piano Mattei potrebbe potenzialmente raggiungere i 5.5 miliardi di euro annunciati, ma molto dipenderà dall’interesse che le imprese italiane manifesteranno per il progetto. Ovviamente, crediamo che il Governo italiano non si farà trovare sprovveduto, e cercherà in ogni modo di supportare e spingere innanzitutto i grandi marchi italiani (vedi Illy per il caffè nell’est dell’Africa) ad investire (ossia richiedere prestiti) nel progetto.

Due punti quindi da monitorare per il futuro: il bilanciamento tra la disponibilità dei fondi AICS e le iniziative del settore privato e soprattutto il coinvolgimento delle imprese private e l’esigenza di misruare la loro convinzione di investire nel Piano Mattei ‘’rischiando’’ dei prestiti importanti presso la Cassa.

Marco Tamburro

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Cannabis medicinale L’ottimo paretiano tra l’economia del dolore e la terapia del benessere

Presentazione

Dott. Francesco Diana

Frequenta per parte dell’itinere accademico il corso in “Marketing e Comunicazione Aziendale” presso l’Università degli studi di Bari; successivamente al trasferimento presso “Unitelma Sapienza” consegue il titolo di laurea in “Scienze dell’Economia Aziendale” discutendo una tesi in Economia Politica sul tema dell’economia del benessere e dei fallimenti di mercato. Attualmente in corso di specializzazione in “Economia e Sostenibilità” presso Unitelma Sapienza. Coltiva propedeuticamente agli studi economici l’interesse per lo studio della chimica dei materiali e delle biotecnologie, maturata ed acquisita con il titolo di tecnico tecnologico in “Biotecnologie Sanitarie”.

Cannabis Medicinale: Lottimo paretiano tra leconomia del dolore e la terapia del benessere" La disamina si presenta come un’analisi di carattere economico, ma che sottintende aspetti di carattere sociale e di Governance. La motivazione di ricerca proviene da fatti di cronaca risalenti al 2020 che evidenziarono l’incapacità da parte dell’istituzione pubblica nel sopperire ai bisogni dei cittadini, lasciando inevase le richieste di prescrizione per circa il 40% dei pazienti del SSN e comportando il conseguente fallimento nel garantire il diritto costituzionale alla salute. Dal 2007 in Italia grazie alle leggi 49/2006 e 242/2016 è concesso a medici specializzati come neurologi, oncologi e specialisti del dolore, la possibilità di prescrivere a circoscritte categorie di pazienti resistenti ai trattamenti con farmaci convenzionali, terapie palliative a base di preparati di infiorescenze femminili di cannabis. Ex ante l’emergenza pandemica a causa dell’aumento della domanda di prescrizioni, gruppi di pazienti in quasi tutto il territorio, salvo alcune eccezioni regionali, denunciavano l’impossibilità da parte delle farmacie di ottenere le forniture per i trattamenti previsti, sollevando un problema cruciale in termini di discontinuità terapeutica dei pazienti, inefficienza del sistema nella gestione delle rotture di stock e conseguente rischio sociosanitario per i pazienti nel ricercare altre fonti di approvvigionamento. La trattazione tuttavia, focalizzandosi principalmente su aspetti economici fornisce solo spunti per riflettere con pensiero critico sulle svariate possibilità di scelta nell’ideazione di un modello di mercato efficiente per quello della cannabis, che miri sia al miglioramento delle condizioni sociali ed economiche in termini di politiche di welfare e prevenzione, sia in termini di sfruttamento del potenziale gettito fiscale ricavabile dagli ammanchi contributivi attualmente assorbiti dal mercato sommerso, ma anche da quelli che potrebbero derivare dall’eventuale domanda aggregata soddisfabile. I limiti riscontrati nello svolgere la disamina sono molteplici; in primo luogo per l’unicum normativo che caratterizza la riservatezza di questo mercato in Italia; in secondo luogo per la difficoltà nell’ottenere garanzie sulla validità dei dati al consumo, considerando l’assorbimento indiscriminato delle tipologie di consumatori da parte del mercato illecito.  Partendo da questi presupposti, la finalità è stata comprovare e valutare sulla base dell’esperienza della California e del Colorado l’esistenza di esternalità positive e la possibilità da parte dello stato di poter modulare e contenere maggiormente i rischi attraverso le politiche preventive e regolamentative. Questo studio fornisce informazioni concrete sulle implicazioni economiche e sociali della politica di legalizzazione e regolamentazione dei prodotti a base di cannabis, consentendo di valutare l'efficacia e l'impatto di tali politiche di governance; con la speranza che si comprenda l’importanza di sviluppare un mercato che riesca a garantire la sussistenza della domanda interna, allargare i margini di mutabilità per i pazienti, ridurre la discriminazione nella distribuzione territoriale in base all’incidenza e rilevanza delle patologie, contribuendo allo stesso tempo alla crescita occupazionale e alla ricerca scientifica. In conclusione la trattazione non si pone come soluzione al problema ma cerca di studiarlo attraverso gli assunti dell’economia del benessere, mantenendo un approccio non polarizzato e un metodo data value.

Livi

La responsabilità civile da illecito trattamento dei dati personali

Dott. Alessio Livi

Dirigente d’azienda con oltre 25 anni di esperienza nel settore delle vendite in multinazionali tra le più importanti del settore ICT, tra cui Business Objects, IBM, Oracle, Hewlett Packard Enterprise; già Ufficiale dell’Esercito, richiamato in servizio attivo dal Ministero della Difesa nel 2011 come “ICT Advisor per la dematerializzazione documentale”, attualmente è Dirigente della Open Text Corporation, dove si occupa della fornitura di soluzioni ICT alla Pubblica Amministrazione. Laureato con lode in Scienze dell’Amministrazione e della Sicurezza presso l’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza nel dicembre 2023, la sua tesi in Diritto Privato “La responsabilità civile da illecito trattamento dei dati personali” nasce dall’interesse di approfondire il complesso ed attuale tema del trattamento dei dati personali nell’era dell’ICT, si concentra sul concetto di danno e criterio d’imputazione e, anche attraverso un’analisi della giurisprudenza, evidenzia il collegamento tra il nuovo principio di accountability introdotto dal GDPR e la responsabilità civile.

La protezione dei dati personali nell'era digitale è diventata una delle sfide più pressanti per le organizzazioni di ogni settore. L’elaborato si propone di fornire una guida accessibile anche ai non addetti ai lavori o a professionisti non aggiornati, per affrontare questo complesso equilibrio tra progresso tecnologico e protezione dei dati personali. L’analisi si colloca all'intersezione di due sfide contemporanee cruciali: l'espansione esponenziale delle capacità tecnologiche e la crescente necessità di proteggere i dati personali nell'ambito di tali sviluppi. Dopo un richiamo alla storia e al passaggio evolutivo da “diritto alla privacy” a “protezione dei dati personali”, si procede con una disamina del principio innovativo di accountability come introdotto dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) dell'Unione Europea. Questo principio rappresenta una pietra miliare nell'approccio alla protezione dei dati, imponendo ai titolari del trattamento non solo di rispettare la normativa ma anche di dimostrare attivamente di aver adottato tutte le misure necessarie per garantire una gestione sicura dei dati personali. Viene evidenziato come l'accountability non sia un mero adempimento burocratico, ma un obbligo continuo che richiede una gestione trasparente e responsabile dei dati personali in capo al titolare del trattamento. Un punto focale della tesi è l'analisi delle conseguenze derivanti da una gestione inadeguata dei dati personali. Viene esplorato il vasto spettro di danni potenziali, da quelli materiali a quelli immateriali, che possono emergere da violazioni della privacy. L'elaborato evidenzia come incidenti di sicurezza, quali la perdita o l'accesso non autorizzato a dati personali, possano avere ripercussioni significative sugli individui, includendo discriminazione, furto d'identità, perdite finanziarie, danni alla reputazione e molto altro. Questa sezione della tesi mette in luce la critica interconnessione tra diritti della personalità e la responsabilità organizzativa dei titolari del trattamento di ciascuna organizzazione nel contesto digitale moderno. Il lavoro approfondisce il tema delle sfide derivanti dalla digitalizzazione e globalizzazione dei servizi, mettendo in luce come queste tendenze abbiano amplificato i rischi per i diritti e le libertà fondamentali delle persone. Con l'espansione dell'economia digitale globale, assistiamo a una massiccia proliferazione di dati personali, che si estende ben oltre i moderni dispositivi come smartphone e smart TV. L'avvento di concetti innovativi come l'Internet of Things (IoT), gli OpenData, i Big Data e, più recentemente, l'Intelligenza Artificiale (IA), ha ulteriormente complicato il panorama della protezione dei dati personali. Queste tecnologie hanno aperto nuove frontiere di raccolta, elaborazione e utilizzo dei dati, aumentando esponenzialmente le potenzialità di monitoraggio e profilazione degli individui. In questo contesto, diventa imprescindibile adottare un approccio proattivo per garantire la protezione dei dati personali. La ricerca analizza come l'evoluzione tecnologica abbia reso necessario un rafforzamento delle normative e delle pratiche di compliance. Le organizzazioni sono chiamate a investire in misure di sicurezza avanzate e a promuovere una cultura interna incentrata sul rispetto della privacy, al fine di mitigare i rischi derivanti dalla crescente complessità del panorama digitale. L’elaborato esplora il ruolo fondamentale delle normative e delle politiche di regolamentazione nel promuovere la protezione dei dati personali e nel garantire che le organizzazioni si conformino agli standard etici e legali più elevati. Questo contesto richiede una costante attenzione e un impegno continuo da parte delle aziende e delle istituzioni per adattarsi ai rapidi cambiamenti tecnologici e alle nuove sfide emergenti nel campo della protezione dei dati personali. La parte centrale della tesi si concentra sulla creazione di una sorta di guida pratica per affrontare il delicato equilibrio tra progresso tecnologico e protezione dei dati personali. L'obiettivo è quello di offrire un quadro di governance dei dati che armonizzi le innovazioni tecnologiche con un forte impegno etico e legale nella tutela della privacy. Nel dettaglio, viene delineata una serie di linee guida che le organizzazioni possono adottare per gestire i dati in modo responsabile e sostenibile nel lungo periodo. Queste linee guida non si
limitano alla mera conformità legale, ma mirano a promuovere una cultura aziendale improntata al rispetto della privacy e all'etica nel trattamento dei dati personali. Per supportare questa proposta, vengono esaminati casi giurisprudenziali significativi e valutate le normative applicabili, al fine di fornire esempi concreti e contestualizzati su come le organizzazioni possano tradurre i principi teorici in pratiche operative. Questo approccio consente di comprendere non solo quali siano gli obblighi legali delle organizzazioni, ma anche come possano essere implementati in modo efficace e responsabile all'interno di contesti aziendali specifici. Inoltre, la ricerca si propone di fornire strumenti e risorse pratiche per aiutare le organizzazioni a sviluppare politiche e procedure interne che riflettano gli standard più elevati di protezione dei dati e rispettino i diritti fondamentali degli individui. In questo modo, si cerca di promuovere una gestione dei dati che non solo rispetti la legge, ma che vada oltre, contribuendo alla costruzione di una cultura aziendale basata sulla trasparenza, la responsabilità e il rispetto della privacy. La tesi ha l'ambizione di fornire un contributo al dibattito sulla privacy e sulla protezione dei dati nell'era digitale. Mette in evidenza il principio di accountability, le conseguenze di una gestione inadeguata dei dati, e le sfide portate dalla digitalizzazione e dalla globalizzazione. Il lavoro intende tracciare una roadmap per le organizzazioni che cercano di bilanciare innovazione tecnologica e responsabilità civile, evidenziando il rapporto indissolubile tra “responsabilizzazione” e “responsabilità”. La ricerca pone l'accento sulle complessità legali ed etiche in gioco e fornisce orientamenti pratici per navigare in un panorama in continua evoluzione, dove la protezione dei dati personali diventa sempre più centrale nella costruzione di una società digitale equa e sicura. Guardando al futuro, le sfide nella protezione dei dati personali si intensificano ulteriormente con l'avvento dell'Intelligenza Artificiale (IA). L'IA presenta una serie di nuove sfide etiche, legali e pratiche, poiché amplifica la raccolta, l'elaborazione e l'analisi dei dati personali su una scala senza precedenti. Ci troviamo di fronte alla necessità di garantire che l'IA rispetti i principi fondamentali della privacy e della protezione dei dati, evitando discriminazioni, abusi e violazioni dei diritti individuali. Le organizzazioni dovranno rafforzare le proprie infrastrutture e implementare misure di sicurezza avanzate per proteggere i dati personali dall'accesso non autorizzato e dall'abuso da parte di sistemi di intelligenza artificiale. Inoltre, sarà cruciale sviluppare normative e regolamenti adeguati per guidare l'uso responsabile ed etico dell'IA nel trattamento dei dati personali. Affrontare queste sfide richiederà un impegno collettivo da parte di governi, organizzazioni e società nel loro complesso, per garantire che l'IA sia utilizzata per migliorare la nostra vita senza compromettere i nostri diritti e le nostre libertà fondamentali. Questo richiederà un dialogo continuo tra gli attori coinvolti, nonché un monitoraggio costante dei progressi tecnologici e delle implicazioni etiche e legali che ne derivano. Solo attraverso un approccio collaborativo e una governance efficace sarà possibile affrontare con successo le sfide future legate all'IA e alla protezione dei dati personali.